Il Natale odierno mi fa pensare a quelle anfore romane che ogni tanto i pescatori tirano fuori dal mare con le reti, tutte ricoperte di conchiglie e di incrostazioni marine, che le rendono irriconoscibili. Per ritrovarne la forma, bisogna togliere tutte le incrostazioni. Così il Natale. Per ritrovarne il significato autentico bisognerebbe liberarlo da tutte le incrostazioni consumistiche, festaiole, abitudinarie, cerimoniose.
Alberto Moravia
Sono lo spirito del Natale Autentico Natale
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E.C. Baird
All’avaro allento la presa della mano, così che può pennellare di luce la sua anima.
Nell’anziano ridesto la giovinezza e le allegre risate di un tempo.
Nei fanciulli ravvivo l’immaginario del cuore e abbellisco i sonni con sogni intessuti di incanto.
Conduco su per scale fatiscenti piedi premurosi carichi di ceste ricolme, che lasciano dietro di sé cuori stupiti per la bontà del mondo.
Induco lo scialacquatore a soffermarsi un momento sulla sconsideratezza del proprio sperpero; al cuore in pena reco la piccola rassicurazione che fa sgorgare lacrime di gioia, che lavano via i segni del dolore.
Entro nelle carceri oscure e all’umanità sfregiata ricordo ciò che avrebbe potuto essere, e indico giorni migliori a venire.
Entro in punta di piedi nel bianco silenzio degli ospedali, dove labbra troppo deboli per parlare dicono con un fremito la loro gratitudine.
In mille modi sospingo un mondo aggravato a guardare nel volto di Dio e per un istante dimenticare ciò che è piccolo e meschino.
Sono lo spirito del Natale.
Avvento - Vivere l'attesa
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Dietrich Bonhoeffer (dal Sermone sulla I domenica di Avvento-2 dicembre 1928)
Celebrare l'Avvento, significa saper attendere, e l'attendere è un'arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all'apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento.
Davanti alle notizie che ogni giorno ci vengono proposte dai giornali e dalla tv, ci sentiamo allarmati, spaventati, disarmati e vorremmo salvare le nostre vite e quelle dei nostri cari... salvarli dalle prepotenze, dagli imbrogli, dalla violenza...
In questo tempo natalizio, i credenti volgono lo sguardo al presepio sperando che da lì possa scaturire il miracolo necessario... un miracolo che potrà avvenire solo se decideranno di orientare la propria vita... entrando in comunione profonda con la parola di Gesù e il suo Vangelo.
Sari
"A Natale si fa una gran festa perché è nato Gesù, ma per Maria e Giuseppe è stata una brutta notte: nessuno li ha accolti e li hanno lasciati fuori. Gesù nasceva in una stamberga e sarebbe morto su una croce come uno schiavo. Cosa è venuto a fare Cristo? É venuto a dirci che dobbiamo amarci come lui ha amato noi e ci ha dato l’esempio, perché come figlio di Dio poteva nascere ben diversamente. Il Natale ci ricorda questo: Cristo si è messo alla pari dei più infimi, dei più abbandonati. É bello andare ad assistere i poveri, ma è difficile farsi fratelli, mettersi alla pari, essere come loro: questo è il difficile del cristianesimo".
(don Zeno Saltini, 1965)
"Io riempirei la stalla di Betlemme di pastori, magi e di tutte le persone che in venti secoli hanno preteso e ancora oggi pretendono di fermare Cristo perchè gli hanno costruito una chiesa, un orfanotrofio, un convento... e lascerei la mangiatoria con la sola paglia, senza il Bambino.
Adottare un bambino, quando c'è tutto un mondo che aspetta di essere ospitato fraternamente, è un Natale abbastanza comodo, un Natale che rende: non è il Natale cristiano, che incomincia quando degli "uomini di buona volontà" s'accorgono che nessuno di coloro che credono in Cristo può fermarsi sulla strada della giustizia e della pace".
Primo Mazzolari
"Oggi noi Occidentali ci lamentiamo perché il Natale è stato trasformato in un godereccio collettivo ed in un consumismo sfacciato, per di più fatto fantasmagorico attraverso costosissime luminarie di tutti i tipi. Ma questa corsa alla "diversità" non è forse ancora l'ansia propria dell'umanità verso quel qualcosa di strano che ha cominciato a spandersi per il mondo dalla non più dimenticata culla di Betlemme?
Me lo chiedo spesso anche quando prendo in considerazione ciò che del Natale non mi piace affatto; ma mi convinco che in fondo al cuore di ogni uomo vi è sempre l'insaziabile ricerca del volersi bene, di un po' di pace per tutti ed anche il desiderio di un po' di gioia e di allegria. Per questo sotto ogni cielo ed in ogni tempo sono state inventate le "Feste"!
Mario M.
"Par di non crederci. Ma il Natale resta in libera offerta e risponde con un fatto preciso, ripetuto da tutti i presepi, anche quelli del supermarket. Quel fatto (da prendere o lasciare) è il Bambino cui fu posto nome Gesù. Le cronache che gli fanno seguito sono il reportage chiamato Vangelo. I cronisti che l'hanno scritto risultano attendibili, e la Storia lo sa. E' toccato agli evangelisti mettere a verbale la vicenda - senza eguali - di un uomo affascinante, che domanda d'essere condiviso come figlio di Dio, nato da vergine, giusto, santo, misericordioso, paziente, torturato su un legno sordido, risorto e garante di continua, paterna, affidabile presenza nel volgersi delle generazioni umane e anche nel dolore che insiste a segnarle".
Giorgio Torelli - da "La cometa in prestito"
“Prima di parlare nel nome dell’Islam e di vietare i presepi nelle scuole per non offendere le altre religioni, i presidi dovrebbero chiedere ai musulmani quali siano i loro sentimenti nei confronti del Natale. Sono convinto che rimarrebbero molto sorpresi” afferma Wael Farouq che prosegue "La nascita di Gesù è un miracolo divino riconosciuto dai musulmani e, anche se non abbiamo la tradizione di celebrare questa ricorrenza in modo religioso, anche per noi è un momento sacro nella storia dell’uomo. In quanto musulmani riconosciamo la particolarità di Gesù e il miracolo della sua nascita. Per i musulmani il presepe non è affatto offensivo, anzi è un omaggio a qualcosa che riconosciamo noi stessi. Gesù Cristo possiede, nel nobile Corano, uno status superiore rispetto agli esseri umani ordinari, ai profeti e agli inviati di Dio, incluso il profeta dell’islam Muhammad. Gesù Cristo, infatti, è la Parola di Dio e uno Spirito che da Lui proviene, deposto nel grembo di Maria Vergine (Sura delle donne, versetto 171)"
Wael Farouq
"La pace non nasce all'ombra dei generali, non nasce nelle firme dei trattati; non nasce dalle strette di mano dei potenti.
Ma nasce sempre da un cuore libero, da un cuore rinnovato, da un cuore aperto all'amore.
Lascoa che la pace ti tocchi con una piuma delle sue ali, il mondo intorno a te avrà i colori più semplici e belli.
Il tuo cuore sarà come un giardino per chi incontrerai per la via.
La pace se la vuoi e se ci credi nasce anche oggi, in ogni bimbo che nasce, che vede il suo primo raggio di luce.
Ma oggi tra un regalo e un brindisi nasce il Principe della pace in una terra sempre in guerra.
Apriamo il cuore a questo piccolo d'uomo portatore di una speranza per ogni uomo grande e piccolo.
La pace può cominciare davvero; inizia dal tuo cuore".
Daniele F.
«Il presepio è qualcosa di molto semplice, che tutti i bambini capiscono»
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Meditazione da Gerusalemme del cardinale Carlo Maria Martini
dicembre 2006
Il presepio è qualcosa di molto semplice, che tutti i bambini capiscono. È composto magari di molte figurine disparate, di diversa grandezza e misura: ma l’essenziale è che tutti in qualche modo tendono e guardano allo stesso punto, alla capanna dove Maria e Giuseppe, con il bue e l’asino, attendono la nascita di Gesù o lo adorano nei primi momenti dopo la sua nascita.
Come il presepio, tutto il mistero del Natale, della nascita di Gesù a Betlemme, è estremamente semplice, e per questo è accompagnato dalla povertà e dalla gioia. Non è facile spiegare razionalmente come le tre cose stiano insieme. Ma cerchiamo di provarci.
Il mistero del Natale è certamente un mistero di povertà e di impoverimento: Cristo, da ricco che era, si fece povero per noi, per farsi simile a noi, per amore nostro e soprattutto per amore dei più poveri.
Tutto qui è povero, semplice e umile, e per questo non è difficile da comprendere per chi ha l’occhio della fede: la fede del bambino, a cui appartiene il Regno dei cieli. Come ha detto Gesù: «Se il tuo occhio è semplice anche il tuo corpo è tutto nella luce» (Mt 6, 22). La semplicità della fede illumina tutta la vita e ci fa accettare con docilità le grandi cose di Dio. La fede nasce dall'amore, è la nuova capacità di sguardo che viene dal sentirsi molto amati da Dio.
Il frutto di tutto ciò si ha nella parola dell’evangelista Giovanni nella sua prima lettera, quando descrive quella che è stata l’esperienza di Maria e di Giuseppe nel presepio: «Abbiamo veduto con i nostri occhi, abbiamo contemplato, toccato con le nostre mani il Verbo della vita, perché la vita si è fatta visibile». E tutto questo è avvenuto perché la nostra gioia sia perfetta. Tutto è dunque per la nostra gioia, per una gioia piena (cfr. 1Gv 1, 1-3). Questa gioia non era solo dei contemporanei di Gesù, ma è anche nostra: anche oggi questo Verbo della vita si rende visibile e tangibile nella nostra vita quotidiana, nel prossimo da amare, nella via della Croce, nella preghiera e nell'eucaristia, in particolare nell’eucaristia di Natale, e ci riempie di gioia.
Povertà, semplicità, gioia: sono parole semplicissime, elementari, ma di cui abbiamo paura e quasi vergogna. Ci sembra che la gioia perfetta non vada bene, perché sono sempre tante le cose per cui preoccuparsi, sono tante le situazioni sbagliate, ingiuste. Come potremmo di fronte a ciò godere di vera gioia?
Ma anche la semplicità non va bene, perché sono anche tante le cose di cui diffidare, le cose complicate, difficili da capire, sono tanti gli enigmi della vita: come potremmo di fronte a tutto ciò godere del dono della semplicità?
E la povertà non è forse una condizione da combattere e da estirpare dalla terra?
Ma gioia profonda non vuol dire non condividere il dolore per l’ingiustizia, per la fame del mondo, per le tante sofferenze delle persone. Vuol dire semplicemente fidarsi di Dio, sapere che Dio sa tutte queste cose, che ha cura di noi e che susciterà in noi e negli altri quei doni che la storia richiede. Ed è così che nasce lo spirito di povertà: nel fidarsi in tutto di Dio. In Lui noi possiamo godere di una gioia piena, perché abbiamo toccato il Verbo della vita che risana da ogni malattia, povertà, ingiustizia, morte.
Se tutto è in qualche modo così semplice, deve poter essere semplice anche il crederci. Sentiamo spesso dire oggi che credere è difficile in un mondo così, che la fede rischia di naufragare nel mare dell’indifferenza e del relativismo odierno o di essere emarginata dai grandi discorsi scientifici sull'uomo e sul cosmo. Non si può negare che può essere oggi più laborioso mostrare con argomenti razionali la possibilità di credere, in un mondo così.
Ma dobbiamo ricordare la parola di san Paolo: per credere bastano il cuore e la bocca. Quando il cuore, mosso dal tocco dello Spirito datoci in abbondanza (cfr. Rm 5, 5; Gv 3, 34), crede che Dio ha risuscitato dai morti Gesù e la bocca lo proclama, siamo salvi (cfr. Rm 10, 8-12). Tutte le complicazioni, tutti gli approfondimenti che talora ci confondono, tutto ciò che è stato sovrimposto attraverso il pensiero orientale e occidentale, attraverso la teologia e la filosofia, sono riflessioni buone, ma non ci devono far dimenticare che credere è in fondo un gesto semplice, un gesto del cuore che si butta e una parola che proclama: Gesù è risorto, Gesù è Signore! È un atto talmente semplice che non distingue fra dotti e ignoranti, tra persone che hanno compiuto un cammino di purificazione o che devono ancora compierlo. Il Signore è di tutti, è ricco di amore verso tutti coloro che lo invocano.
Giustamente noi cerchiamo di approfondire il mistero della fede, cerchiamo di leggerlo in tutte le pagine della Scrittura, lo abbiamo declinato lungo vie talora tortuose. Ma la fede, ripeto, è semplice, è un atto di abbandono, di fiducia, e dobbiamo ritrovare questa semplicità. Essa illumina tutte le cose e permette di affrontare la complessità della vita senza troppe preoccupazioni o paure.
Per credere non si richiede molto. Ci vuole il dono dello Spirito Santo che egli non fa mancare ai nostri cuori e da parte nostra occorre fare attenzione a pochi segni ben collocati. Guardiamo a ciò che successe accanto al sepolcro vuoto di Gesù: Maria Maddalena diceva con affanno e pianto: «Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’hanno posto». Pietro entra nel sepolcro, vede le bende e il sudario piegato in un luogo a parte e ancora non capisce. Capisce però l’altro discepolo, più intuitivo e semplice, quello che Gesù amava. Egli «vide e credette», riferisce il Vangelo, perché i piccoli segni presenti nel sepolcro fecero nascere in lui la certezza che il Signore era risorto. Non ha avuto bisogno di un trattato di teologia, non ha scritto migliaia di pagine sull'evento. Ha visto piccoli segni, piccoli come quelli del presepio, ma è stato sufficiente perché il suo cuore era già preparato a comprendere il mistero dell’amore infinito di Dio.
Talora noi siamo alla ricerca di segni complicati, e va anche bene. Ma può bastare poco per credere se il cuore è disponibile e se si dà ascolto allo Spirito che infonde fiducia e gioia nel credere, senso di soddisfazione e di pienezza. Se siamo così semplici e disponibili alla grazia, entriamo nel numero di coloro cui è donato di proclamare quelle verità essenziali che illuminano l’esistenza e ci permettono di toccare con mano il mistero manifestato dal Verbo fatto carne. Sperimentiamo come la gioia perfetta è possibile anche in questo mondo, nonostante le sofferenze e i dolori di ogni giorno.
Riflessione
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Terry ©® (dicembre 2013)
Natale.. Natale da sempre nella nostra immagine significa vedere neve sui monti, colline e pianure e tetti delle nostre case. Tutto ricoperto da questo soffice manto, con gli alberelli addobbati con luci e festoni colorati. Bambini che saltellano intorno agli stessi alberelli fatti nel giardino della casa o nei parchi di città. Bambini che fanno pupazzi di neve con una sciarpetta dai vivaci colori e gli occhi con bottoni o castagne, e il naso con una bella carota..e un vecchio berretto in la testa ridente del pupazzo stesso! Bambini che si tirano le palle di neve e si gettano da pendii con i loro slittini, ridendo e strillando felici. Non solo ma anche gli adulti si impegnano ad addobbare i pupazzi di neve e a preparare con la famiglia dentro casa il presepe o l’alberello. Che magia è l’arrivo del Natale... e ognuno di noi si prepara a modo suo a viverlo... ricordando e magari ripetendo le tradizioni, ciò che in passato in famiglia veniva fatto... E chissà perché ci si sente più buoni e più allegri. Sarà la magia della neve che ricopre tutto, saranno le lucine e i festoni che si vedono in giro, fatto stà che è partito il conto alla rovescia per questa Festa, che è sempre la festa dei bambini che la mattina di Natale trovano sotto l’alberello tantissimi e misteriosi pacchettini. E se magari la neve non scende pazienza ci si ricorda degli anni passati ed è una occasione per riportarli alla mente e tramandarli in famiglia! Ed io desidero che questo si faccia sempre: che i nostri figli si ricordino come hanno trascorso i natali in famiglia...che riascoltino le vecchie canzoni o le nenie natalizie, oppure gli zampognari che ogni tanto ancora si vedono in città ad un angolo della strada. Desidero anche che si tramandi il significato di questa festa: la Nascita di Gesù, del bambinello che porta la Luce a tutti gli uomini! La nascita di un nuovo rinnovamento del cuore..
Siamo ormai vicini al Santo Natale e la prima preparazione da mettere in atto non si riferisce ad un blog e neppure agli addobbi natalizi ma alla disposizione interiore.
Che si creda o meno in Dio e nel suo dono più grande, Gesù, ognuno si prepara, a modo suo, ad accoglierlo e spera, suo malgrado, che qualcosa di eccezionale accada. E qualcosa accadrà di sicuro se si terranno le porte aperte e il cuore ben disposto.
Molte persone affermano di sentirsi tristi, nel giorno santo, e vorrebbero scansarlo... a loro vorrei dire: non aspettare il Natale, cercalo, vagli incontro.
sari
Pensieri su Gesù
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Madeleine Delbrêl
"Lui non si è isolato. Ha camminato in mezzo agli uomini. Con me cammina tra gli uomini d'oggi. Incontrerà ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa, ciascuno di quelli che incrocerò per la strada, altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri, altri eruditi e altri ignoranti, altri bimbi e altri vegliardi, altri santi e altri peccatori, altri sani e altri infermi. Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare. Ciascuno, colui che è venuto a salvare. A coloro che mi parleranno, egli avrà qualche cosa da dire. A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa da dare. Ciascuno esisterà per lui come se fosse il solo."
Dio si è fatto bambino
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Klaus Hemmerle
Quando un bambino si perde va a finire dove non è di casa. Sì, a Natale Dio si è perduto - non solo come un bambino, ma da bambino - là dove non era "di casa". Non è rimasto nella chiusa beatitudine del suo cielo o dentro lo spazio della nostra devozione, ma si è perduto per i piccoli e i poveri, per coloro che sono malati e in lutto, per i peccatori, per coloro che noi riteniamo lontani da Dio, di cui pensiamo che non abbiano niente a che fare con lui.
Dio si è perduto là dove si è perduto il figliol prodigo, lontano dalla casa paterna, per poi tornare dal Padre, in lui e con lui.
Dio si è perduto come un bambino, solo non si è trattato di un errore, ma dell'azione più divina che Dio potesse fare. Dio è il Dio di tutti o non è Dio. Dio è il Dio dei piccoli e dei lontani o non è Dio. Troviamo Dio là dove si è "perduto" o non lo troviamo affatto.
"Fatti trovare dove tu, Dio, ti sei perduto come un bambino. Sì, lascia che diveniamo noi stessi bambino, nel quale tu ti perdi per gli altri, per tutti!".
Klaus
Regali di Natale
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Oren Arnold
Alcuni suggerimenti per un regalo di Natale:
* perdono per un tuo nemico,
* tolleranza per un tuo avversario,
* il tuo cuore per un tuo amico,
* un buon servizio per un tuo cliente.
* carità per tutti
* buon esempio per i bambini
* Rispetto per te stesso"
Natale e Pasqua sono le maggiori feste cristiane e mi chiedo se sia più facile accostarsi al presepe o alla croce.
Da bambina mi faceva paura quell'uomo con le braccia aperte e gli occhi chiusi, mentre ero attratta dalla gioia che saliva dal presepe. Poi, con il trascorrere degli anni, ho sentito che l’uomo della croce mi somigliava, dolorante nello spirito e nella carne... solo, tradito, incompreso, oggi osannato e domani escluso..
Ora provo meno timore davanti alla croce perchè al Cristo puoi dare del tu, gli puoi fare promesse, chiedere perdono. Puoi tentare di capirlo, ci puoi ragionare, puoi persino cercare di venire a patti piegando la sua parola senza sentirti troppo disonesto: sai che per Lui sei importante e spesso ne approfitti.
Ma davanti al Bambino, no. Lì sei nudo, non si può mentire a un bambino e sotto il suo sguardo, in un attimo di grande lucidità, respiri per intero tutti i tuoi torti, senza scuse nè remissione. Ti senti debitore verso Lui, verso i fratelli che conosci e quelli che non conosci, ti senti responsabile, se non altro per omissione, e paragoni tutte quelle luci, quel cibo, alle immagini di fame, miseria e malattie che conosci.
Davanti al Bimbo provi vergogna... vorresti essere come Lui, candido e senza macchia... ma sai che non è possibile perchè c'è una folla di poveri che bussa, quella che vorresti allontanare dal tuo Natale e che invece è lì a chiederti conto di quel che hai fatto e di quel che non hai fatto.
Non so se sarebbe giusto, ma vorrei che nel giorno di Natale, si potesse dimenticare tutto per provare solo la gioia candida che sale dal presepe.
Sari
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